Luigi Palmieri
Faicchio (Benevento) 21 aprile 1807 - 9 settembre 1896
 
Fu uno straordinario progettista di strumenti della meteorologia e della sismologia oltre che abile sperimentatore, dal suo punto di osservazione privilegiato del vesuvio: l'Osservatorio Vesuviano.

s 01014Compiuti gli studi liceali presso il Seminario di Caiazzo, frequentò l’Università di Napoli dove si laureò nel 1825 in fisica e matematica e, in seguito, in filosofia. 

Nel 1831 aprì una scuola privata di filosofia e fisica, che divenne ben presto molto conosciuta e stimata tanto da essere frequentata ogni anno da circa quattrocento studenti.  Insegnò anche presso il Collegio Medico-Cerusico e il Collegio della Reale Marina; infine nel 1847 ottenne la nomina alla cattedra universitaria di Logica e Metafisica.

L’insegnamento non lo distolse mai dalle ricerche di fisica sperimentale. Tra il 1840 e il 1845, prima in collaborazione con Linari e in seguito da solo, lavorò sull’«induzione tellurica».  Intorno al 1850 iniziò gli studi sull’elettricità atmosferica, che lo occuparono a più riprese praticamente fino alla fine della sua vita.  Sull’argomento pubblicò innumerevoli note e saggi, esponendo i risultati di ricerche per le quali inventò diversi strumenti, alcuni dei quali, soprattutto l’elettrometro bifilare, molto apprezzati.

Ai primi anni ’50 risale anche l’inizio dei suoi interessi vulcano-sismici.  Nel 1851 Palmieri fece parte, assieme al geologo Arcangelo Scacchi, di una commissione dell’Accademia delle Scienze di Napoli incaricata di studiare il terremoto che aveva colpito la zona di Melfi; la missione si concluse con la pubblicazione di una notevole monografia.  L’anno seguente ottenne l’autorizzazione a compiere i suoi studi sull’elettricità atmosferica presso l’Osservatorio Vesuviano, allora chiuso già da qualche anno.

In seguito alla ristrutturazione degli studi universitari seguita all’annessione del Regno delle Due Sicilie al Piemonte, Palmieri lasciò nel 1860 la cattedra di Logica e Metafisica per assumere quella neonata di Fisica terrestre, alla quale furono associati sia l’osservatorio del Vesuvio, sia quello dell’Università. Da allora in poi l’Istituto di Fisica Terrestre e l’Osservatorio Vesuviano funzionarono come momenti diversi e indispensabili di una stessa ricerca, tesa allo studio teorico e pratico dei fenomeni vulcanici e sismici.  Palmieri potenziò notevolmente l’attività dell’osservatorio, tenne con continuità registri giornalieri di osservazioni meteorologiche, sismiche e sull’attività del vulcano e avviò la pubblicazione degli Annali.

L’utilità di un punto d’osservazione, per così dire, avanzato, fu evidente soprattutto durante l’eruzione del 1872, quando per la prima volta fu possibile osservare da vicino un fenomeno vulcanico nel pieno del suo svolgimento. Il complesso delle osservazioni compiute durante l’eruzione fu raccolto in una celebratissima relazione tradotta anche in tedesco (da Rammelsberg) e in inglese (da Robert Mallet).

La sistematica raccolta di dati che fu possibile attuare all’Osservatorio Vesuviano mediante il sismografo, consentì a Palmieri di giungere a importanti risultati circa i meccanismi di attività del vulcano. Con la realizzazione, a partire dal 1864, di un secondo esemplare del suo sismografo - messo in funzione presso l’osservatorio dell’Università, Palmieri si rese conto che le strutture vulcaniche attenuano la propagazione delle onde sismiche. Si convinse inoltre della necessità di organizzare reti estese di osservazione sismica, anche per fini di previsione sismica, come già suggerito da Robert Mallet nel 1848. Con questa consapevolezza, nel 1874 presentò all’Accademia Pontaniana una versione portatile del suo sismografo. L’attività di Palmieri continuò intensissima anche negli anni successivi con una quantità notevole di pubblicazioni sull’attività del Vesuvio, indagini chimiche e spettroscopiche delle fumarole e delle lave, memorie sui terremoti di Casamicciola del 1881 e 1883, nuovi studi sull’elettricità atmosferica e, negli ultimi anni, sulle «correnti telluriche».